La costruzione della noia

La deludente nuova psicologia positiva: dall’entusiasmo new age alla noia pseudoscientifica

positive-thinking-buddhaCon gran dispiegamento di mezzi pubblicitari arriva in Italia la Psicologia Positiva, quella che ha, da Coué in avanti, capito che se pensi bene le cose vanno bene. Lo diceva sempre il nonno: “Gente allegra il ciel l’aiuta!” E questo è stato uno dei suoi migliori regali. Vuoi vedere che questa volta trovo un libro interessante che parla del Pensiero Positivo in modo intelligente, senza misticismi e senza storie lacrimose di malattie indicibili curate solo recitando il mantra del tutto va bene?

Cerco il libro piu’ diffuso del nuovo guru della PP, Martin Seligman, dal titolo La Costruzione della Felicità, e scopro che è stato presidente dell’APA, il corrispondente USA del nostro Ordine degli Psicologi, mi chiedo come sia possibile che un politico possa scrivere un libro interessante ed intelligente, ma poi penso che sono generalizzazioni indebite e vergognandomi mi metto a leggere. Dopo qualche pagina un po’ pallosa incomincia la parte della autobiografia simpatica: gli chiedono tutti di fare il Presidente, lui non ci crede, ma poi vince. C’e’ anche qualche problema accessorio aggiunto per rendersi simpatico, ma onestamente non ricordo bene ora, si, ecco! capisce parlando con la figlia che la bambina ha capito tutto e lui niente. Guadagna subito cento punti nella mia scala valutativa, mi dico che sono sempre il solito criticone e leggo un altro 100 pagine circa. Il nostro eroe si sforza in ogni modo di rendere scientifica quella verità da sempre conosciuta, che la mente crea la realtà, che le nostre aspettative sono sempre soddisfatte dal ritorno del mondo, che così come pensiamo la realtà viene da noi plasmata. Per fare questo si sobbarca una fatica di Sisifo collezionando studi su studi che dimostrano scientificamente che gli svizzeri sono più felici dei bulgari e che la prostituta di Calcutta che fa il mestiere per i figli che ama è più felice di un impiegato delle poste congolese. Al trentesimo studio non ne posso più dallo sforzo, dato che tutto è confezionato per rendere la cosa più scientifica possibile e togliere dalla testa dei manager e clienti vari dotati di potere d’acquisto che qui siamo lontani le mille miglia dai libretti new age del peace and love e del tutto è bene. Comincio a memorizzare statistiche e rilevazioni, studi, scale e classificazioni per poterle snocciolare quando voglio dire alla gente che la mente crea e che se pensi bene le cose vanno meglio. Ma la fatica è improba, manca la freschezza, manca l’aria e la noia sale. Combattuto vado avanti tra scarni intermezzi biografici e diagrammi, campionamenti, indagini varie. Ma il sugo non c’e’, lo hanno gia’ scritto gli altri, i vari Couè, Dyer, Erikson, Maltz, Hay, qui c’e’ un brodazzo allungato che deve dimostrare che questa verità sperimentata da secoli è ora finalmente vera, perchè indagata con metodo e puo’ essere creduta. Per carità, tanto di cappello alla seria ricerca, ben venga un po’ di materiale raccolto sul potere del pensiero positivo.

Un passo mi chiarifica definitivamente la statura del nostro autore, quando ci descrive come una novella superata il fatto che traumi passati possano incidere sulla vita di una persona. Il nostro ritiene che “rinvenire nella personalita’ adulta effetti anche solo modesti degli eventi vissuti nell’infanzia si è rivelata impresa tutt’altro che facile, e non vi sono prove  di effetti cospicui – per non dire determinanti – dei vissuti dell’infanzia sulla personalita’ adulta.” Ma dove ha passato questi anni di attività clinica? A già a fare il presidente, ma prima? Non si è accorto mai degli effetti devastanti dei traumi infantili nei suoi pazienti?

Nessuna menzione alla nuova fisica, nessuna menzione all’azione dell’osservatore sulla realtà. Nessuna indagine sulla dinamica della psiche, anzi una svalutazione partigiana della psicodinamica che dimostra cattivi maestri integralisti ed una conoscenza incerta della stessa, come quando trattando della espressione catartica della rabbia – e ci somministra il solito studio che attesta che arrabbiarsi fa male  e aumenta la pressione, specie nei tipi A – la interpreta confusivamente in chiave solo quantitativa e non autoregolativa.

Per riavermi dallo stato di delusione indotto dal libro leggo due volte un saggio di Louise Hay – che ora mi sembra fantastico – e mi dico dieci volte con un cordino a nodi: “Ogni giorno sotto ogni aspetto io vado di bene in meglio”.

Ora va meglio. Viva Couè.

Articolo di Massimo Soldati.
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