Il 12-13-14 aprile 2014, dato che la prima tornata non ha raggiunto il quorum, ci saranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia (OPL).
A mio parere questi anni sono stati di involuzione nel campo della psicologia, dietro la facciata di quattro innovazioni che da tempo dovevano essere recepite, relative soprattutto ad internet e ad un insufficiente inizio di promozione della figura professionale. Ha risentito di questo triste periodo la necessità di creare consenso in una categoria che, impegnata nel lavoro e chiusa nei propri studi, non ne vuole sapere di partecipare. D’altronde chi fa lo psicologo, e lo fa per davvero, al contrario di molti politici, ha la giornata estremamente piena in ogni senso, di fatiche e di soddisfazioni. Si è cercato perciò il consenso nelle facili battaglie: la mancanza di lavoro, endemica nella nostra professione, perché abbiamo un terzo dei laureati di tutta Europa in una cultura psi arretrata, ed i gruppi consolidati di dipendenti ed accademici che resistono in ogni modo al nuovo, terrorizzati dalla possibilità di perdere privilegi e doversi sottoporre alla logica del mercato.
Per ottenere questo consenso si è calcato la mano in maniera parossistica sulla lotta alle professioni affini, che toglierebbero “spazio vitale” a noi psicologi. Una elaborazione paranoica semplice semplice, ad uso dei giovani inesperti, che non sanno che una delle missioni della psicologia non è fare il verso alla medicina, ma costituirsi come polo di attrazione e regolazione del mondo psi. Ecco che quel dialogo così importante per creare una nuova cultura psicologica nel nostro Paese è stato silurato, a colpi di slogan di bassa lega. Facendo credere che la inevitabile evoluzione del nostro Paese verso una consapevolezza più diffusa del mondo psicologico dovesse essere gestita con modalità grossolanamente protezionistiche, invece che con la definizione di tavoli di intesa, di scambio e di reciproco sviluppo. Questo è tanto più grave, perché danneggia il cittadino e le nuove professioni, che si diffondono inarrestabili nel nostro Paese senza l’aiuto e la guida di quella tra le scienze che potrebbe essere più adatta ad essere regolatrice e tutelatrice, ma che una politica sciagurata ha reso sinora odiosa matrigna.
Coach, formatori, mediatori familiari, counselor, sono sempre più richiesti, insieme alla danzaterapia, l’arteterapia, alla pet therapy, le tate, lo shiatzu, i fiori di Bach, la naturopatia; per non parlare della psicopedagogia, della mediazione, ecc. E’ una illusione pensare di fermarli con una politica repressiva ed anche ingiusta, basata sul terrorismo e sulla falsità, in quanto in tanti anni di diffusione di queste pratiche non si è è potuto lamentare nessun danno per la popolazione, tranne la incapacità degli ordini ormai vetusti di prendere contatto interattivamente con queste nuove realtà. E’ da notare che in Germania sono stati fatte indagini “tedesche” sulle nuove professioni nel momento della loro regolamentazione e non è stato trovato, nonostante a qualcuno avrebbe fatto molto piacere, nessun elemento di pericolosità.
Di fronte a questa difficile situazione nei prossimi giorni andremo a votare.
Consiglio di informarsi leggendo uno degli articoli più sensati, scritto guarda caso da un counselor, Tommaso Valleri, e di votare – al completo portandosi dietro i nominativi – una formazione che, pur essendo in minoranza in Consiglio, ha dato prova di maturità e desiderio di dialogo: Professione Psicologo.
Invito a non prendere sotto gamba la cosa ed andare a votare: il futuro non si può fermare, ciononostante possono essere fatti ancora molti danni alla Psicologia in Italia rallentandone lo sviluppo, che oggi come oggi è fondamentale per noi. Il futuro è nella apertura, nella collaborazione, nella condivisione dei saperi, nella multidisciplinarietà, nella sinergia, nel rispetto, nel pluralismo, non nel corporativismo e nella salvaguardia miope dei privilegi, che possono portare solo limitazione e perdita per tutti. Solo attraverso il dialogo possono venire lo sviluppo, la vera individuazione dei confini, delle competenze, delle caratteristiche e soprattutto la creazione di posti di lavoro, che derivano da un cambiamento culturale diffuso e sentito dalla popolazione, non certo da leggi antistoriche e restrittive.
Massimo Soldati
Psicologo Psicoterapeuta
Formatore, Counselor, Autore
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