Lo specchio riflette il nostro io interiore

Sorridere, piangere, gioire, soffrire. Ogni emozione che viviamo si imprime sul nostro volto e, impercettibilmente, lo modifica. Come reagiamo di fronte a questo cambiamento? Così come i segni del tempo raccontano il nostro vissuto, l’atteggiamento che abbiamo nei loro confronti svela la parte più intima di noi…
Come affrontare l’invecchiamento. Accogliere i segni del tempo con serenità ci porta alla rinascita, alla scoperta di una nuova pienezza: quella dell’amorevole cura di sé.

Tratto da Psychologies, articolo di Grazia Pallagrosi

Sorridere, piangere, gioire, soffrire. Ogni emozione che viviamo si imprime sul nostro volto e, impercettibilmente, lo modifica. Come reagiamo di fronte a questo cambiamento? Così come i segni del tempo raccontano il nostro vissuto, l’atteggiamento che abbiamo nei loro confronti svela la parte più intima di noi…
Come affrontare l’invecchiamento. Accogliere i segni del tempo con serenità ci porta alla rinascita, alla scoperta di una nuova pienezza: quella dell’amorevole cura di sé.

Tratto da Psychologies, articolo di Grazia Pallagrosi

Come affrontare l’invecchiamento. Accogliere i segni del tempo con serenità ci porta alla rinascita, alla scoperta di una nuova pienezza: quella dell’amorevole cura di sé. Il bisturi può aiutarci a ritrovare un buon rapporto con il corpo, e tuttavia non toglie mai la necessità di coltivare la nostra autostima. Per sentirci bene con noi stessi.

Sorridere, piangere, gioire, soffrire. Ogni emozione che viviamo si imprime sul nostro volto e, impercettibilmente, lo modifica. Come reagiamo di fronte a questo cambiamento? Così come i segni del tempo raccontano il nostro vissuto, l’atteggiamento che abbiamo nei loro confronti svela la parte più intima di noi.

La presa di coscienza

“Mia madre non ha mai avuto paura di sembrare vecchia” dice Anna, 35 anni, manager a Brescia. “E solo adesso che ha settant’ anni la sento bofonchiare: “Guarda che faccia rugosa mi è venuta!”. “Io, invece, ho cominciato presto a scrutare i segni sotto gli occhi, Mi sentivo già minacciata dall’incubo dell’invecchiamento. Mosse da motivazioni e sfumature diverse, le nostre reazioni davanti allo specchio sono comunque e sempre forti: “C’è chi accetta la faccia che ha”, spiega lo psicologo Massimo Soldati, presidente dell’ Associazione di Integrazione Posturale Transpersonale e autore del libro Corpo e Cambiamento (Tecniche Nuove)”, e chi invece vorrebbe mantenere per sempre quella dei 20 anni”.

Un destino ineluttabile

“Ormai ho chiuso con le preoccupazioni allo specchio”, dice Elisabetta, 55 anni, ceramista a Faenza “Gli uomini quasi non mi vedono più. Ma tutti invecchiamo prima o poi… tanto vale mettersi il cuore in pace”. “C’è una sorta di rassegnazione in quest’approccio”, dice la dottoressa Maria Cristina Strocchi psicoterapeuta a Vicenza e membro del comitato scientifico Armia (Associazione medici italiani antiaging). “può essere indice di un’accettazione serena, ma può potenzialmente segnare una fase di stagnazione. Chi infatti getta la spugna, blocca la propria trasformazione e dimostra, paradossalmente, di non accettare il vero cambiamento, inteso come processo dove a una fine segue sempre una rinascita”. Per Elisabetta l’unità di misura del suo valore estetico sono gli sguardi ammirati di uomini e donne. Nel momento in cui non li ha più, lei si toglie dal gioco. “Questa chiusura”, conclude Strocchi, “impedisce di esplorare altri modi di essere e sentirsi belle, proprio in una età in cui si può scoprire il potere seduttivo dell’eleganza, del gusto e dell’amorevole stima di sé”.

LA BELLEZZA SI ESPRIME IN TANTI MODI DIVERSI, SEGUENDO LE STAGIONI DELLA VITA

Questione di fascino

“Mia nonna è bellissima”, dice la piccola Francesca, 8 anni, indicando Agata, 60 anni portati con grande fascino. Per lei lo charme non ha età. “C’è una bellezza diversa in ogni fase della vita”, dice Agata. “Quando avevo vent’anni ero incantevole, ma troppo impegnata a cercare la perfezione, a valutare ogni piccolo difetto! Oggi quando mi guardo allo specchio mi vedo nell’insieme. E mi piaccio. Non sono più una bambola bionda, ma non tornerei indietro. Mi godo le sicurezze acquisite e la tranquillità sentimentale che, da 5 anni, il mio nuovo compagno mi regala”. Agata cammina oggi a testa alta, tanto e forse più di ieri. Con lo stesso passo fiero dell’intensissima Isabella Ferrari nell’ultima scena di Amatemi, film toccante sui passaggi della vita, in cui il regista Renato De Maria indulge senza pudore e di continuo sui segni dell’età che solcano il corpo di lei… così sensuali, così invitanti, così veri. “Incontro sempre più donne che, pur cercando di mantenere una pelle bella e sana, non sono ossessionate dalle rughe e non cercano di cancellarle”, dice Strocchi. “Varcata la soglia degli anta, infatti, raggiungono un’elevata capacità di autogratificazione e un buon livello d’autostima, coltivando sì l’estetica del corpo, ma soprattutto quella dell’anima”. Anche le zampe di gallina si possono amare, se ci ricordano quante volte abbiamo riso. E quanta gioia c’è nella vita, che può davvero ricominciare a quaranta, a cinquant’ anni, quando si alleggeriscono i vecchi gioghi (figli, carriera…) e si rispolverano i sogni dal cassetto. “È questa un’età in cui ci si scopre più creative”, continua Strocchi ‘ con un nuovo coraggio di vivere alla grande. Così, invece di pensare al lifting per “tirarsi su la faccia”, molte decidono di “tirarsi su la vita”. Alcune divorziano per liberarsi da una relazione ormai insapore, altre cambiano lavoro, casa, Paese…”. Quando c’è questo progetto di rinascita, l’invecchiamento non fa paura. E la ruga passa davvero in secondo piano.

Bellezza uguale a giovinezza

“Ho provato il botulino 5 anni fa, quando in Italia non era ancora legale”, dice Alessia, 40 anni, avvocato a Roma “e da allora non ci ho più rinunciato. Ogni 4-6 mesi mi spiano la fronte e le rughe che mi arricciano lo sguardo. Per quelle ai lati della bocca il dermatologo mi ha consigliato nuovi fantastici filler, per rimpolpare gli zigomi mi ha fatto delle iniezioni di acido polilattico. Dice che per la blefaroplastica c’è ancora tempo, ma io non penso di aspettare oltre il quarantacinquesimo compleanno: inorridisco al pensiero delle palpebre che cadono! In fondo, se Sharon Stone è una bellezza a 49 anni, perché io dovrei rassegnarmi a invecchiare?”. Come Alessia, sempre più donne oggi reclamano l’eterna giovinezza. “È un atteggiamento comune”, spiega Soldati, “perché nella nostra società è difficile accettare di avere dei limiti. C’è l’esigenza di omologarsi a standard fisici ed estetici sempre più alti. Così, mentre le adolescenti sono (o vorrebbero essere) cloni delle Veline, alcune cinquantenni sentono di dover incarnare l’immagine della femmina giovane e seduttiva a oltranza”. Nella società dell’immagine, la vecchiaia è assolutamente démodé. “Pressati dalla richiesta di essere sempre belli evitali, quando invecchiamo sentiamo di perdere valore”, conclude Soldati. “Allora ci ritocchiamo fuori per rivalutarci anche dentro. E il bisturi, in alcuni casi, aiuta a ritrovare un buon rapporto con la propria immagine, purché non si usi la chirurgia estetica come unico antidoto alla paura di non essere accettati. È importante trovare altri modi per nutrire la propria autostima, altrimenti il bisturi non ci farà sentire meglio. Anzi, potrà rinforzare una situazione di squilibrio in cui ci piacciamo solo se piacciamo agli altri”.

Successful aging

“Una volta andavo dal dermatologo solo quando avevo dei problemi”, confessa Annarita, 42 anni, giornalista di moda a Roma. “Adesso ci vado ogni sei mesi, per decidere se mi serve un peeling o quali cosmetici e integratori utilizzare” . Come Annarita, molte donne preferiscono prevenire che curare. “Le donne più informate”, racconta Strocchi, “sanno che oggi si possono evitare gli interventi chirurgici. L’invecchiamento si può infatti rallentare seguendo corrette regole d’ alimentazione, facendo attività fisica e usando i cosmetici giusti”. E, poiché non basta, lavorando sulle nostre emozioni e sulla cura che impariamo ad avere dell’io interiore che lo specchio ci rimanda.

Articolo di Grazia Pallagrosi, Psychologies Magazine, Novembre 2005