Il trauma della globalizzazione

Il trauma della globalizzazione

Siamo in un momento di passaggio, da lungo tempo previsto da filosofi, psicologi, sociologi, religiosi, mistici, antropologi, economisti. Il mondo nel suo processo di evoluzione culturale sta approdando ad una consapevolezza globale. Siamo stati sinora abituati a pensare al nostro gruppo di appartenenza e non alla interezza del pianeta Terra. Il villaggio, la città, la regione, la nazione stanno per essere sostituiti dal continente, dai gruppi di nazioni ed infine dal mondo.
Questo è un processo positivo naturalmente, che però, come tutti i momenti di passaggio, contiene al suo interno delle criticità.
Quella fondamentale è che le avanguardie di questo pensiero unificatore ed integrativo sono state inascoltate oppure considerate ad un livello meramente idealistico, come idealistica è stata la adesione di gruppi di pensiero che hanno propugnato il nuovo, divenendo parte attiva del cambiamento.
Questi gruppi sono stati nella quasi totalità manipolati sul piano esecutivo da un potere che si è sviluppato a livello internazionale, pronto a profittare del delicato processo della transizione. Persino gli organismi che hanno incarnato gli ideali della unificazione dei popoli sono oggi controllati da questi poteri, basti pensare all’ONU, all’OMS, alla UE, assieme alla maggioranza dei governi occidentali.

Il postmodernismo

Un potente alleato di questa presa di potere é stata la filosofia del postmodernismo interpretata in una particolare chiave relativistica. La parte sana di questo movimento ci ha insegnato che la cultura dei vari popoli era una prospettiva tra le tante, che assieme costituiscono il patrimonio dell’umanità. La parte malata, che ha prevalso, ha affermato invece una forma distruttiva di relativismo, cioè non il fatto che le prospettive siano tante e che dovremmo esserne consapevoli, ma che, tutto essendo relativo, non esiste una verità assoluta e quindi possiamo definire noi la verità che vogliamo. Questa ultima posizione é stata utilissima per dare un aiuto a chi, in una posizione predatoria, voleva approfittarsi del salto evolutivo, fornendo gli strumenti culturali atti a distruggere gli ordinamenti tradizionali e nazionali. Negli squallidi ambienti della finanza questa attitudine si é tradotta nella distruzione creativa, la acquisizione e smembramento delle aziende prima e degli stati e delle culture poi.

La crescita forzata

Se consideriamo che la maggior parte della popolazione é legata ad una prospettiva tradizionale o moderna capiamo che lo shock evolutivo che sta investendo le masse occidentali é enorme. Spinte da una élite di globalisti, che stanno applicando un programma di abilissima distruzione creativa nel loro egoistico interesse, esse si trovano sbandate, sottoposte ad un sofisticato sistema di propaganda che non riescono nemmeno a percepire, sempre più impoverite e sottoposte a controllo, sempre più limitate da leggi restrittive imposte per il “bene comune”, quindi non contestabili. Questo crea nelle masse una dissonanza tra i propri valori ereditati e quello che viene detto loro dalle autorità, ormai nella quasi totalità al servizio dei poteri sovranazionali. La parte di popolazione che si identifica in una visione postmoderna si trova meglio in questo processo trasformativo, rendendosi più fluida e resiliente, collaborando od aderendo entusiasticamente (generazioni woke più destrutturate) o più criticamente (generazioni precedenti progressiste), ma nella quasi totalità non rendendosi conto coscientemente della manipolazione e quindi entrando in contraddizione tra gli ideali e le ideologie da salvare e la realtà. Questo stato di dissonanza, distruzione dell’identità e stress indotto nelle masse crea una situazione di crisi, che spinge prepotentemete verso la ricerca di una soluzione. Gran parte della popolazione esita in una adesione rassicurante e conformistica alle soluzioni ed ai modelli di vita man mano prospettati dagli spin doctors, ma una parte consistente sta cercando la soluzione in una maggiore introspezione e crescita, e nella creazione di nuovi adattamenti. In entrambi i casi purtroppo la elaborazione del cambiamento non viene facilitata a sufficienza, anzi spesso attivamente osteggiata, creando una potente e pericolosa frizione.

L’allarme continuo

Fa parte dello stato di trauma indotto il ricorso, da parte delle organizzazioni globaliste, ad una politica delle emergenze continue. La dissonanza cognitiva che ne deriva é enorme, perché tutte le emergenze vengono giustificate da ideali positivi o le necessità del bene comune. La popolazione sente inconsciamente di essere finita in una specie di tritacarne, vede i peggioramenti progressivi, ma le viene detto che tutto va bene, o che i sacrifici sono necessari per il bene comune ed ogni critica è biasimevole. Lo stato di allarme porta un grande stress generalizzato e la divisione che viene indotta ad arte nei media in gruppi contrapposti porta gli uni a credere, persino al di là della evidenza, alle tesi dominanti, difendendole con tanta più foga quanto più inconsciamente ne percepiscono la falsità, gli altri a credere a qualsiasi voce, anche la più irrealistica, purché contraria alla narrativa ufficiale.
Oggi per forzare all’acquisto di una nuova auto o alla ristrutturazione della propria casa, tramite una politica di progressive restrizioni delle scelte operate tramite premi e dissuasioni, si ricorre alla studiata frase: “per salvare il pianeta”. Comprare quattro attivisti, influencers ed opinionisti, creare con i soldi del contribuente organismi deputati alla falsamente benefica attività di divulgazione di teorie funzionali a determinati interessi, entrare nelle università con l’aiuto della politica e delle sovvenzioni, impedire la libera circolazione delle idee ed imporne alcune é un piccolissimo investimento rispetto ad un enorme ritorno in capitali e soprattutto in una padronanza assoluta del mercato e addirittura del governo degli stati.

La guerra ibrida

La presa di potere sulla intera società é oggi intrapresa attraverso il ricorso a raffinate tecnologie psicologiche applicate alla manipolazione della pubblica opinione. Non ci sono più guerre con i carri armati, se non in maniera marginale, almeno per ora, ma vere e proprie guerre cognitive, condotte attraverso la manipolazione del consenso e la distruzione creativa delle istituzioni e delle culture. Gli intellettuali post moderni hanno insegnato a decostruire il vecchio, gli speculatori al vertice della piramide del potere mondiale hanno imparato molto bene a destabilizzare e distruggere creativamente. Di qui una guerra continua contro le istituzioni ed i popoli occidentali, condotta attraverso slogan multicolori, una guerra che il singolo cittadino, impegnato a sopravvivere come un criceto in gabbia, non percepisce.

Il transumanesimo capital-marxista

I pensatoi internazionali globalisti hanno ben sfruttato il post modernismo e lo stanno portando alle estreme conseguenze con il favore della quarta rivoluzione industriale, quella basata sulla digitalizzazione e sulla intelligenza artificiale. Essi hanno mescolate assieme le due contrapposte ideologie del novecento, il comunismo ed il capitalismo, creando un mostro distruttore fortissimo che oggi si veste di transumanesimo. Tale mostro é anche conosciuto come capitalismo degli stakeholders (vedi più avanti). Ritorna il pensiero nazista, che perverte l’esigenza evolutiva dell’uomo, allora ad esempio espressa dal malcompreso Nietzsche, in uno strumento di potere e dominio assoluto. Non dimentichiamo che anche il nazifascismo si propose inizialmente come una forma di socialismo al servizio del popolo. Oggi capitalismo e comunismo sono uniti in questa corrente transumanista, che prende il peggio dei due modelli. Dal comunismo prende la distruzione delle individualità, il soffocamento della libera iniziativa e la pauperizzazione delle masse senza tributare però un onesto interesse al bene collettivo, usato come pretesto per una politica di potenza dissimulata tra i fiorellini del mondo ecoinclusivo; dal capitalismo prende la tecnocrazia, l’efficienza e l’accentramento nelle mani di pochi, trascurando i diritti civili e la struttura di garanzia degli stati liberali moderni, diritti e garanzie trasformati in movimenti ideologici woke manipolabili a piacimento.

Il trauma taciuto 

Una situazione del genere é generatrice di un enorme stress imposto alla popolazione cui non si fa menzione e sul quale nessuno studio viene apparentemente condotto. L’allarme continuo generato dalla politica delle emergenze, la riduzione del capitale e del potere d’acquisto delle classi medio basse, la inflazione, le politiche di esproprio green, l’immigrazione disordinata, la castrazione del cittadino che vive in comunità che perdono la propria identità e divengono sempre più pericolose ma non può lamentarsi né difendersi dalle aggressioni, la limitazione della circolazione, le città smart del controllo digitale, la riduzione dei posti di lavoro, la mancanza di una prospettiva spirituale, la sostituzione della religione col culto della scienza, la religione cattolica trasformata in ecumenismo socialista alle dipendenze del potere globalista, i messaggi contraddittori dell’ “andrà tutto bene” e del “nulla tornerà come prima”, i focolai bellici minori continui che si accendono quando é opportuno, il terrorismo ad orologeria, la progressiva schiavitù dal mondo digitale e mediatico, la alimentazione sempre meno sana e naturale, la lotta contro gli agricoltori, la distruzione del tessuto sociale tradizionale, la trasformazione della scuola da istituto formativo ad istituto tecnico indottrinante, la politica gender e la dissoluzione della famiglia, l’attacco alle identità, l’allontanamento dal corpo, tutto contribuisce ad uno stato di destabilizzazione ed allarme costante, che istupidisce le masse, indebolisce i sistemi immunitari e provoca malattie psicosomatiche.
La psicologia e le professioni d’aiuto oggi dovrebbero farsi carico di denunciare e curare questo stato pericoloso e degenerativo che affligge la civiltà occidentale. La popolazione deve essere aiutata a passare attraverso questa epocale trasformazione globale, non persuasa ad uniformarsi ad una cultura globalista schiava degli interessi. É rivelatore qui leggere il gioco possibile di significati contenuto nella definizione: “capitalismo degli stakeholders”, il capitalismo dei portatori di interesse. “Ma interesse di chi?” vien da chiedersi, di chi vuole costruire un mondo più unito, integrato, fraterno o di chi vuole costringerci ad un distopico deserto dello spirito? É arrivato il momento di scegliere quale padrone servire, se i grandi poteri sovranazionali con la loro neolingua woke e le false promesse di progresso e giustizia sociale oppure la gente con le sue esigenze, secondo quello che é stato lo spirito iniziale delle professioni d’aiuto. La psicologia oggi non deve normalizzare il disagio, le crisi e la devianza, seguendo le direttive della UE, dell’OMS e di altri carrozzoni mondialisti, ma dare loro un significato, aiutando le persone a ritrovare se stesse, a comprendere lo stress indotto della globalizzazione, a costruire nuovi adattamenti e soluzioni che diano valore alla libertà e stimolino rispettosamente la tendenza attualizzante dell’individuo e dei popoli. Solo in questo modo le professioni d’aiuto potranno rimanere tali, fedeli alle loro premesse e non farsi complici della transizione transumanista, anche se questa ha oggi in mano le leve del potere ed elargisce successo, visibilità e profitti ai suoi accoliti.

Dr. Massimo Soldati

Articolo di Massimo Soldati
Il trauma della globalizzazione.  
2 febbraio 2024 
https://www.aipt.info/il-trauma-della-globalizzazione

Questo articolo non ha bibliografia.